lunedì 18 agosto 2014

STAIRWAY TO HEAVEN, GUIDA GALATTICA PER CHI VUOLE FARE SPORT E SUICIDARSI CONTEMPORANEAMENTE

Le salite sobrie che vedete in questa foto portano dalla spiaggia "La Speranza" di Alghero al bellissimo paese di Villanova Monteleone, che devo dire ha una cura per il proprio centro abitato davvero splendida. Quando siete in macchina, vi viene voglia di fermarvi al fresco, far riposare il motore che sta facendo una fatica bestiale per portarvi su, e scattare qualche foto ricordo dell'incantevole paesaggio che vi trovate di fronte, con il mare cristallino a completare una scena mozzafiato. Intendiamoci, quando sei a piedi tutte queste cose le vedi lo stesso. Ma l'ultima cosa che vorresti è una macchina fotografica il cui peso sarebbe già eccessivo. E vorresti che l'acqua dei ristori non fosse appena uscita dalla cella frigo...
 Con mia moglie e mio figlio arriviamo di buon ora al ritrovo, uscire da Alghero e vedere quelle montagne che sai che tra un po' dovrai scalare mette un po' di paura, che cerco di esorcizzare ricordando a me stesso che sono lì solo per divertirmi, e di non fare troppo il lagnoso, quindi poso spavaldo davanti alle suddette montagne. Cerco di far capire ai giudici di gara che no, non mi chiamo Marcello, nome dignitoso, per carità, ma che non mi piace per nulla. Preferisco il mio. "Guardi, avete anche stampato la copia della tessera che vi ha spedito la mia società" spiego al tizio "lo vede che non mi chiamo Marcello?". "Ok, non c'è problema", dice risoluto con una finta aria da "sono il signor Wolf, e risolvo problemi". Depenna dunque il nome Marcello e ci scrive "Francesco". "Tutto a posto". E infatti al traguardo sento "Ecco l'arrivo di Marcello Canu" che quasi mi fa imbestialire, nelle classifiche e nel giornale c'è sempre il nome Marcello, e lo stesso tizio che mi aveva detto "No problem", mi chiama alla premiazione ovviamente con il nome Marcello. Se non ho bestemmiato in aramaico è solo per la felicità di come è andata la corsa.
Un grazie a Pierluigi Canu, segretario della Ittiri Cannedu per la bella foto della mia faccia stravolta all'arrivo
Sulla corsa ci sarebbe da scrivere un romanzo, ma non sarebbe sufficiente. Mio figlio quasi piange mentre lo siedo in macchina con mia moglie per salire su tra le montagne per aspettarmi al traguardo, lui vorrebbe correre con me, e nonostante la stanchezza finita la gara lo accontenterò comunque. Mi ritrovo comunque con un compagno di squadra, Tonio, alla sua prima prova su questa terribile salita, in cui si difenderà bene, mentre siamo supportati moralmente dal presidente e altri componenti della squadra, che però non prenderanno parte alla gara. Il mio obiettivo è sempre quello di divertirmi, ma per divertirmi devo comunque dare il massimo. Faccio il primo tratto con Filippo Salaris, fortissimo ultramaratoneta con un motore diesel che mantiene una costanza e progressione impressionante, ma quando la strada si inerpica capisco che se non voglio distruggermi è meglio tenere un passo più consono alle mie capacità. mi assesto al 7° posto, che manterrò fino alla fine senza riuscire ad avvicinarmi a chi mi stava davanti. La prima vera salita, è di quelle che ti fanno male dentro. Quasi non riesci a credere alla ripidità della pendenza, e senti le ginocchia intorpidirsi. L'unico modo per difendersi è stringere i denti e continuare a salire, regolando la respirazione e resistendo all'idea di rallentare troppo. I ristori sono un'oasi nel deserto, ma bisogna stare attenti all'acqua gelata. Poi succede qualcosa che avevo già sperimentato in allenamento, il corpo prende a stare bene, salire è meno faticoso, e comincia il vero divertimento. Arrivo al primo gran premio della montagno stremato ma rinfrancato, prima di lanciarmi in discesa mantengo un passo non troppo sostenuto per far riposare le ginocchia, e poi via. Dalla partenza non ho mai guardato l'orologio, per non farmi condizionare dall'andatura. Quando comincia la seconda salita incredibilmente mi sento ancora bene, e quindi continuo a spingere sulle gambe. Davanti però stanno bene uguale, ma non mi metto problemi, inutile cercare di strafare nelle mie condizioni. Con l'avvicinarsi del paese i cartelli ci indicano i km percorsi, ma stoicamente tengo lontano gli occhi dal cronometro, mentre la gente cerca di farci coraggio capendo quale sia la sofferenza passata in mezzo a quelle salite. Finalmente dopo una curva entro in paese, e so che da lì al traguardo è tutta una discesa da fare lanciati. Mi fiondo dunque tra le strade, rallentando giusto il tempo per dare il cinque a qualche ragazzino che sembra sinceramente contento di scambiare quel breve tocco di mano. Infine sbuco da un viottolo nel piazzale dell'arrivo, e lì dimentico che mi stanno chiamando "Marcello" e guardo il cronometro: 1h20'45". E non credo ai miei occhi, visto il precedente 1h30'15".

Ma non dimentico la promessa, prendo mio figlio e facciamo una corsa insieme nei viottoli di Villanova. Correre, è sempre bello.

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